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Léo Ferré - Adieu (Arthur Rimbaud)
Ajoutée le 30 mars 2011
Addio
L'autunno, di già!
Ma perché rimpiangere un sole eterno,
Se siamo intenti
Alla scoperta della luce divina,
Lontano dalla gente che muore sulle stagioni.
L'autunno.
La nostra barca elevata nelle immobili brume
Vira verso il porto della miseria.
La città enorme al cielo macchiato di fuoco e di fango
Ah! Gli stracci marciti,
Il pane bagnato di pioggia, l'ebbrezza,
I mille amori che mi hanno crocifisso!
Lei dunque non smetterà affatto
Questa vampira regina di milioni di anime
E di corpi morti che saranno giudicati!
Rivedo la mia pelle rosicchiata dalla melma e la peste,
Pieno di vermi nei capelli e nelle ascelle
Ed altri vermi ancora più grandi nel cuore,
Disteso in mezzo a sconosciuti senza età,
Senza sentimenti...
Sarei potuto morirci...
La tremenda evocazione!
Io esecro la miseria e
Temo l'inverno perché è la stagione della comodità
Qualche volta vedo nel cielo spiagge infinite
Coperte da bianche nazioni gioiose
Un grande vascello d'oro, sopra di me,
Agita le sue bandiere variopinte
Sotto le brezze del mattino
Ho creato tutte le feste,
Tutti i trionfi,
Tutti i drammi.
Ho provato ad inventare fiori nuovi,
Nuovi astri,
Nuove carni,
Nuove lingue,
Ho creduto di acquisire poteri sovrannaturali.
Ebbene! Ho dovuto seppellire la mia immaginazione
Ed i miei ricordi!
Una bella gloria d'artista e da narratore sfasciata!
Io! Io che mi sono detto mago od angelo,
Dispensato da tutte le morali,
Sono arrivato in terra,
Con un dovere da cercare,
E la realtà rugosa da stringere!
Contadino! Sono stato ingannato?
La carità sarà sorella della morte, per me?
Finalmente, chiederò perdono
Per essermi nutrito di menzogne...
Su andiamo! Ma nessuna mano amica!
E dove attingere soccorso?
Si l'ora nuova è almeno molto severa.
Affinché possa dire di essermi guadagnato la vittoria:
Lo stridore dei denti,
I sibili del fuoco,
I sospiri ammorbanti si affievoliscono,
Tutti i ricordi immondi si cancellano,
I miei ultimi rimpianti fuggono,
L'invidia per i mendicanti,
I briganti, gli amici della morte,
Le retrovie di tutte le sorti dannate,
Se mi vendicassi! Dovrà essere assolutamente moderno.
Niente cantici: tenere il passo guadagnato.
Notte dura! Il sangue rappreso fuma sulla mia faccia,
E dietro di me c'è solo questo orribile arbusto!
Il combattimento spirituale è brutale quanto
La battaglia degli uomini;
Ma la visione della giustizia è un piacere di Dio solo.
Ciò nonostante è la vigilia,
Riceviamo tutti gli influssi di vigore
E di vera tenerezza,
E all'aurora, armati di ardente pazienza,
Entreremo nelle splendide città,
Ho parlato di una mano amica?
Un bel vantaggio è che posso ridere dei vecchi amori menzogneri,
E colpire di vergogna queste coppie bugiarde,
Ho visto l'inferno delle donne laggiù;
E mi sarà possibile possedere la verità
In un'anima e in un corpo.
"Aprile - agosto 1873...
Grazie Arthur!"
Traduzione di Jean Maximilien Dieudonné Balthazar
L'autunno, di già!
Ma perché rimpiangere un sole eterno,
Se siamo intenti
Alla scoperta della luce divina,
Lontano dalla gente che muore sulle stagioni.
L'autunno.
La nostra barca elevata nelle immobili brume
Vira verso il porto della miseria.
La città enorme al cielo macchiato di fuoco e di fango
Ah! Gli stracci marciti,
Il pane bagnato di pioggia, l'ebbrezza,
I mille amori che mi hanno crocifisso!
Lei dunque non smetterà affatto
Questa vampira regina di milioni di anime
E di corpi morti che saranno giudicati!
Rivedo la mia pelle rosicchiata dalla melma e la peste,
Pieno di vermi nei capelli e nelle ascelle
Ed altri vermi ancora più grandi nel cuore,
Disteso in mezzo a sconosciuti senza età,
Senza sentimenti...
Sarei potuto morirci...
La tremenda evocazione!
Io esecro la miseria e
Temo l'inverno perché è la stagione della comodità
Qualche volta vedo nel cielo spiagge infinite
Coperte da bianche nazioni gioiose
Un grande vascello d'oro, sopra di me,
Agita le sue bandiere variopinte
Sotto le brezze del mattino
Ho creato tutte le feste,
Tutti i trionfi,
Tutti i drammi.
Ho provato ad inventare fiori nuovi,
Nuovi astri,
Nuove carni,
Nuove lingue,
Ho creduto di acquisire poteri sovrannaturali.
Ebbene! Ho dovuto seppellire la mia immaginazione
Ed i miei ricordi!
Una bella gloria d'artista e da narratore sfasciata!
Io! Io che mi sono detto mago od angelo,
Dispensato da tutte le morali,
Sono arrivato in terra,
Con un dovere da cercare,
E la realtà rugosa da stringere!
Contadino! Sono stato ingannato?
La carità sarà sorella della morte, per me?
Finalmente, chiederò perdono
Per essermi nutrito di menzogne...
Su andiamo! Ma nessuna mano amica!
E dove attingere soccorso?
Si l'ora nuova è almeno molto severa.
Affinché possa dire di essermi guadagnato la vittoria:
Lo stridore dei denti,
I sibili del fuoco,
I sospiri ammorbanti si affievoliscono,
Tutti i ricordi immondi si cancellano,
I miei ultimi rimpianti fuggono,
L'invidia per i mendicanti,
I briganti, gli amici della morte,
Le retrovie di tutte le sorti dannate,
Se mi vendicassi! Dovrà essere assolutamente moderno.
Niente cantici: tenere il passo guadagnato.
Notte dura! Il sangue rappreso fuma sulla mia faccia,
E dietro di me c'è solo questo orribile arbusto!
Il combattimento spirituale è brutale quanto
La battaglia degli uomini;
Ma la visione della giustizia è un piacere di Dio solo.
Ciò nonostante è la vigilia,
Riceviamo tutti gli influssi di vigore
E di vera tenerezza,
E all'aurora, armati di ardente pazienza,
Entreremo nelle splendide città,
Ho parlato di una mano amica?
Un bel vantaggio è che posso ridere dei vecchi amori menzogneri,
E colpire di vergogna queste coppie bugiarde,
Ho visto l'inferno delle donne laggiù;
E mi sarà possibile possedere la verità
In un'anima e in un corpo.
"Aprile - agosto 1873...
Grazie Arthur!"
Traduzione di Jean Maximilien Dieudonné Balthazar
Adieu
L’automne déjà ! - Mais pourquoi regretter un éternel soleil, si nous sommes engagés à la découverte de la clarté divine, - loin des gens qui meurent sur les saisons.
L’automne. Notre barque élevée dans les brumes immobiles tourne vers le port de la misère, la cité énorme au ciel taché de feu et de boue. Ah ! les haillons pourris, le pain trempé de pluie, l’ivresse, les mille amours qui m’ont crucifié ! Elle ne finira donc point cette goule reine de millions d’âmes et de corps morts et qui seront jugés ! Je me revois la peau rongée par la boue et la peste, des vers plein les cheveux et les aisselles et encore de plus gros vers dans le coeur, étendu parmi les inconnus sans âge, sans sentiment… J’aurais pu y mourir… L’affreuse évocation ! J’exècre la misère.
Et je redoute l’hiver parce que c’est la saison du confort !
- Quelquefois je vois au ciel des plages sans fin couvertes de blanches nations en joie. Un grand vaisseau d’or, au-dessus de moi, agite ses pavillons multicolores sous les brises du matin. J’ai créé toutes les fêtes, tous les triomphes, tous les drames. J’ai essayé d’inventer de nouvelles fleurs, de nouveaux astres, de nouvelles chairs, de nouvelles langues. J’ai cru acquérir des pouvoirs surnaturels. Eh bien ! je dois enterrer mon imagination et mes souvenirs ! Une belle gloire d’artiste et de conteur emportée !
Moi ! moi qui me suis dit mage ou ange, dispensé de toute morale, je suis rendu au sol, avec un devoir à chercher, et la réalité rugueuse à étreindre ! Paysan !
Suis-je trompé ? la charité serait-elle soeur de la mort, pour moi ?
Enfin, je demanderai pardon pour m’être nourri de mensonge. Et allons.
Mais pas une main amie ! et où puiser le secours ?
Oui l’heure nouvelle est au moins très-sévère.
Car je puis dire que la victoire m’est acquise : les grincements de dents, les sifflements de feu, les soupirs empestés se modèrent. Tous les souvenirs immondes s’effacent. Mes derniers regrets détalent, — des jalousies pour les mendiants, les brigands, les amis de la mort, les arriérés de toutes sortes. — Damnés, si je me vengeais !
Il faut être absolument moderne.
Point de cantiques : tenir le pas gagné. Dure nuit ! le sang séché fume sur ma face, et je n’ai rien derrière moi, que cet horrible arbrisseau !… Le combat spirituel est aussi brutal que la bataille d’hommes ; mais la vision de la justice est le plaisir de Dieu seul.
Cependant c’est la veille. Recevons tous les influx de vigueur et de tendresse réelle. Et à l’aurore, armés d’une ardente patience, nous entrerons aux splendides villes.
Que parlais-je de main amie ! Un bel avantage, c’est que je puis rire des vieilles amours mensongères, et frapper de honte ces couples menteurs, — j’ai vu l’enfer des femmes là-bas ; — et il me sera loisible de posséder la vérité dans une âme et un corps.
avril-août, 1873.
L’automne. Notre barque élevée dans les brumes immobiles tourne vers le port de la misère, la cité énorme au ciel taché de feu et de boue. Ah ! les haillons pourris, le pain trempé de pluie, l’ivresse, les mille amours qui m’ont crucifié ! Elle ne finira donc point cette goule reine de millions d’âmes et de corps morts et qui seront jugés ! Je me revois la peau rongée par la boue et la peste, des vers plein les cheveux et les aisselles et encore de plus gros vers dans le coeur, étendu parmi les inconnus sans âge, sans sentiment… J’aurais pu y mourir… L’affreuse évocation ! J’exècre la misère.
Et je redoute l’hiver parce que c’est la saison du confort !
- Quelquefois je vois au ciel des plages sans fin couvertes de blanches nations en joie. Un grand vaisseau d’or, au-dessus de moi, agite ses pavillons multicolores sous les brises du matin. J’ai créé toutes les fêtes, tous les triomphes, tous les drames. J’ai essayé d’inventer de nouvelles fleurs, de nouveaux astres, de nouvelles chairs, de nouvelles langues. J’ai cru acquérir des pouvoirs surnaturels. Eh bien ! je dois enterrer mon imagination et mes souvenirs ! Une belle gloire d’artiste et de conteur emportée !
Moi ! moi qui me suis dit mage ou ange, dispensé de toute morale, je suis rendu au sol, avec un devoir à chercher, et la réalité rugueuse à étreindre ! Paysan !
Suis-je trompé ? la charité serait-elle soeur de la mort, pour moi ?
Enfin, je demanderai pardon pour m’être nourri de mensonge. Et allons.
Mais pas une main amie ! et où puiser le secours ?
Oui l’heure nouvelle est au moins très-sévère.
Car je puis dire que la victoire m’est acquise : les grincements de dents, les sifflements de feu, les soupirs empestés se modèrent. Tous les souvenirs immondes s’effacent. Mes derniers regrets détalent, — des jalousies pour les mendiants, les brigands, les amis de la mort, les arriérés de toutes sortes. — Damnés, si je me vengeais !
Il faut être absolument moderne.
Point de cantiques : tenir le pas gagné. Dure nuit ! le sang séché fume sur ma face, et je n’ai rien derrière moi, que cet horrible arbrisseau !… Le combat spirituel est aussi brutal que la bataille d’hommes ; mais la vision de la justice est le plaisir de Dieu seul.
Cependant c’est la veille. Recevons tous les influx de vigueur et de tendresse réelle. Et à l’aurore, armés d’une ardente patience, nous entrerons aux splendides villes.
Que parlais-je de main amie ! Un bel avantage, c’est que je puis rire des vieilles amours mensongères, et frapper de honte ces couples menteurs, — j’ai vu l’enfer des femmes là-bas ; — et il me sera loisible de posséder la vérité dans une âme et un corps.
avril-août, 1873.
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